Capita che
hai dieci anni e fai un'esperienza che sai già che ti ricorderai per tutta
la vita. Una di quelle cose che immagi di poter raccontare un giorno ai tuoi
figli dicendogli che quello è stato il momento in cui ti sei sentito grande. Non
un eroe, ci mancherebbe, ma semplicemente una persona adulta. Quando cioè
quelli che ti stanno intorno cominciano ad avere una considerazione diversa
della tua persona. Ecco: diventi una persona e non sei più un bambino.
Poi capita che figli non ne hai e allora la
tua storia la racconti alla radio.
Succede così che una sera di ritorno dal mare in macchina ascolto alla radio una puntata del bellissimo programma di Matteo Caccia, una radio importante visto che si tratta della radio nazionale, la Rai, e il canale è Radio2. Il programma si chiama Pascal e ogni sera in cui va in onda viene raccontata una storia scelta dagli autori tra quelle che sono inviate dagli ascoltatori alla redazione.
Decido che Pascal avrà la mia storia e poi si vedrà.
E' così che una sera mi metto al computer e in un paio d'ore la bozza è pronta. Franca mi dà una mano a rivederla, a limarla ma sostanzialmente la bozza va già molto bene. Secondo me funziona.
Il 17 Marzo mi collego al sito della trasmissione e invio la mia storia. C'è scritto che gli autori non rispondono a tutte, ma che comunque il racconto potrebbe essere scelto anche a distanza di mesi dall'invio. In quel caso sarò ricontattato. I mesi passano e la speranza che la storia venga scelta un po' si affievolisce eppure son ancora convinto che ci starebbe bene all'interno di quel programma. Succede che nello stesso periodo ho organizzato un viaggio in Giappone (sono partito i primi di Aprile) e poi al ritorno ho deciso di lasciare il mio lavoro per cercare un'altra opportunità e queste cose mi distraggono tantissimo dalle mie velleità di autore radiofonico per cui finisco per non pensarci tanto (ogni tanto però mi dico: chissà se .....).
Il 15 Giugno inizio la mia nuova esperienza lavorativa: nuovo lavoro, nuovo ruolo e nuova vita. Le novità non sono finite. Il 20 Giugno ricevo una telefonata sul mio cellulare. Si tratta di un numero che non conosco e quando rispondo scopro che si tratta di Giulia Laura della redazione di Pascal di Rai Radio2 che mi dice che la mia storia è stata scelta e che andrà in onda il Giovedì successivo: il 23 Giugno. Il giorno dopo è il mio compleanno e posso dire che questo mese in quanto ad emozioni .... mi sono bastate.
Ci diamo appuntamento per il giorno dopo per un'intervista telefonica da cui saranno estratti alcune pezzetti che saranno inseriti nella diretta. Dopo l'intervista ci diamo appuntamento per la diretta del 23. Si va in onda. Cuore a mille ma felicità alle stelle.
Facevo bene a dire che si trattava di una bella storia.
Bella e
vera, nessuna parte romanzata. Si tratta di puro storytelling che secondo
me deve essere assolutamente autentico (altrimenti si raccontano favole e
non storie).
Succede così che una sera di ritorno dal mare in macchina ascolto alla radio una puntata del bellissimo programma di Matteo Caccia, una radio importante visto che si tratta della radio nazionale, la Rai, e il canale è Radio2. Il programma si chiama Pascal e ogni sera in cui va in onda viene raccontata una storia scelta dagli autori tra quelle che sono inviate dagli ascoltatori alla redazione.
Decido che Pascal avrà la mia storia e poi si vedrà.
E' così che una sera mi metto al computer e in un paio d'ore la bozza è pronta. Franca mi dà una mano a rivederla, a limarla ma sostanzialmente la bozza va già molto bene. Secondo me funziona.
Il 17 Marzo mi collego al sito della trasmissione e invio la mia storia. C'è scritto che gli autori non rispondono a tutte, ma che comunque il racconto potrebbe essere scelto anche a distanza di mesi dall'invio. In quel caso sarò ricontattato. I mesi passano e la speranza che la storia venga scelta un po' si affievolisce eppure son ancora convinto che ci starebbe bene all'interno di quel programma. Succede che nello stesso periodo ho organizzato un viaggio in Giappone (sono partito i primi di Aprile) e poi al ritorno ho deciso di lasciare il mio lavoro per cercare un'altra opportunità e queste cose mi distraggono tantissimo dalle mie velleità di autore radiofonico per cui finisco per non pensarci tanto (ogni tanto però mi dico: chissà se .....).
Il 15 Giugno inizio la mia nuova esperienza lavorativa: nuovo lavoro, nuovo ruolo e nuova vita. Le novità non sono finite. Il 20 Giugno ricevo una telefonata sul mio cellulare. Si tratta di un numero che non conosco e quando rispondo scopro che si tratta di Giulia Laura della redazione di Pascal di Rai Radio2 che mi dice che la mia storia è stata scelta e che andrà in onda il Giovedì successivo: il 23 Giugno. Il giorno dopo è il mio compleanno e posso dire che questo mese in quanto ad emozioni .... mi sono bastate.
Ci diamo appuntamento per il giorno dopo per un'intervista telefonica da cui saranno estratti alcune pezzetti che saranno inseriti nella diretta. Dopo l'intervista ci diamo appuntamento per la diretta del 23. Si va in onda. Cuore a mille ma felicità alle stelle.
Facevo bene a dire che si trattava di una bella storia.

Ad ogni modo
sotto trovate la storia originale (un po' più lunga di quella raccontata) ma
qui trovate il link per poter andare sul sito di Pascal a leggere e soprattutto
ascoltare (Matteo Caccia è
un maestro) la mia storia alla Rai.
Buona
lettura e soprattutto buon ascolto.
PS:
all'epoca della stesura in Giappone non c'ero ancora andato. Ma poi ci sono
stato davvero. Qui trovate l'altra storia.
IL MIO PRIMO AUTOSTOP
Quella
notte in cui sono diventato grande
Ci sono momenti che durano attimi.
Ci sono momenti che durano anni. La lancetta dell’orologio si sposta solo di un
poco, ma prima sei un bambino e dopo sei diventato un uomo adulto.
Mi chiamo Paolo, sono nato a Napoli
e sono un ingegnere elettronico. Il mio attimo l’ho vissuto nell’estate del
settanta quando avevo solo una decina d’anni. All’epoca la mia famiglia
trascorreva le vacanze estive a Scauri, una frazione del comune di Minturno in
provincia di Latina, meta di villeggiatura per molte famiglie napoletane che
non erano proprietarie di ville in costiera oppure a Capri ma che potevano
permettersi qualcosa in più del mare di Ischitella, località sulla costa
campana con frequentazioni più popolari. Noi ci passavamo il mese di Luglio e
Agosto in una casa in affitto presa insieme alla famiglia di mio zio e
partivamo subito dopo la chiusura delle scuole. Mio padre però, poverino, era
l‘unico che lavorava in famiglia e lui no, le ferie le faceva solo per una
settimana ad Agosto. Ci raggiungeva solo nel fine settimana che all’epoca voleva
dire arrivare il Sabato sera (il Sabato si lavorava) e ritornare al lavoro il
Lunedì mattina. Scauri distava da Napoli solo ottanta chilometri ma all’epoca
per noi era come andare in America. In quel periodo portavo l’apparecchio per i
denti e nel mese di Luglio dovevo fare qualche controllo per cui succedeva che
nel mezzo della settimana insieme a mia madre tornavo a Napoli solo perché il
dentista regolasse qualche ingranaggio e in dieci minuti mi liquidasse. Per me
era una rottura, ma non si poteva fare altrimenti. Capitava però che,
trovandoci a Napoli nel bel mezzo della settimana, mia madre preferisse
rimanerci e ritornare al mare solo il Sabato sera insieme a mio padre. Per non
farmi perdere però neanche una giornata di bagni ricordo che quell’anno mi
concesse di rientrare a Scauri con il treno organizzando il mio arrivo con mia
sorella e cugini vari che sarebbero venuti a prendermi alla stazione. Nonostante
i miei dieci anni ero già un po’ smaliziato e mi muovevo con facilità con i
mezzi pubblici e mia madre si fidava della mia intraprendenza. E’ stato quello
l’errore. Per andare a Scauri si prendeva un diretto per Roma che nei periodi
estivi fermava anche nella stazione di Minturno. Arrivati in stazione un po’ di
corsa, non ho guardato bene gli orari e mi sono fiondato su un treno che aveva
un orario simile a quello di cui mi ricordavo. Errore madornale. Me ne sono
accorto quando il treno alla stazione di Minturno non ha accennato alcun
rallentamento ed è passato dritto fischiando per allontanare le persone dal
binario. Ho pensato: scenderò a Formia – che distava pochi chilometri da Scauri
ed era una stazione più importante - e poi troverò il modo di tornare indietro.
Nel frattempo mia sorella che attendeva il mio arrivo a Scauri quando, poco dopo,
il treno – quello giusto - che proveniva da Napoli era arrivato in stazione e non
mi aveva visto scendere, aveva telefonato, come d’accordo, a mia madre per
avvisarla dell’evenienza. Questa, con grande freddezza, per non creare panico,
le disse che probabilmente non avevo preso il treno sapendo benissimo che si
trattava di una bugia visto che sul treno lei mi aveva visto salire e partire.
Nel frattempo io, da solo, quando ho visto passare anche la stazione di Formia
senza che il treno accennasse ad alcuna fermata ho cominciato a pensare che il
problema stava decisamente diventando ancora più grande. Solo allora, con la
voce di un bambino, ho chiesto alle persone che erano con me nello
scompartimento dove mai quel treno fosse diretto. E’ così che ho scoperto che
si trattava del direttissimo per Roma e che quella era l’unica fermata mentre
loro hanno scoperto che ero un bambino in viaggio da solo salito sul treno
sbagliato. Il mio diretto infatti era partito solo tre minuti dopo dalla
stazione di Napoli: ecco, mi ricordavo che l’orario era un po’ diverso. I
cellulari all’epoca non si immaginava neppure che sarebbero stati inventati e
non c’era modo di mettersi in contatto con nessuno. E’ stato così che intorno
alle dieci di sera sono arrivato a Roma che ho visto dal treno in una calda
sera di Luglio. Ho ancora davanti agli occhi l’immagine di Porta Maggiore
illuminata dai lampioni mentre mi avvicinavo alla stazione Termini dove,
finalmente, sono sceso da quel treno che avrebbe dovuto portarmi al mare,
accompagnato da un signore che, impietositosi, mi ha portato alla stazione
della polizia ferroviaria dove ha spiegato agli agenti la mia disavventura.
Nonostante avessi chiesto di avvisare i miei genitori gli agenti con estrema
negligenza – oggi una telefonata non si negherebbe a nessuno – mi hanno
accompagnato dal capotreno di un convoglio in partenza che ritornava verso il
Sud dicendomi che avrei avvisato i mei al mio arrivo a Formia: i treni per
Minturno a quell’ora non c’erano più. Ricordo un viaggio notturno con fermate
in stazioni di cui in conoscevo neanche il nome. Si fece quasi mezzanotte
quando alla fine son arrivato alla stazione di Formia. Ma la storia non era
ancora finita. Scauri dista una decina
di chilometri da Formia. Ormai non mi faceva paura più nulla. Fuori alla
stazione ha visto un signore che era venuto a prendere suo figlio che forse viaggiava
sul mio stesso treno e ho chiesto a loro se per caso andavano nella mia stessa
direzione. Sono salito sulla loro macchina e quello è stato il mio primo
autostop fatto. Solo pochi chilometri ma la mia vita aveva preso la sua strada.
L’ultimo ricordo è quello nella via – era soprannominata la Spiritiera e il nome si intonava perfettamente
al tenore della serata – in cui, una volta sceso dalla macchina dei miei
accompagnatori, ho incrociato i fari di un’auto che mi veniva incontro. Era la
macchina di mio padre che insieme a mia madre era partito da Napoli per
arrivare di corsa a Minturno e che – constatato ulteriormente che io non fossi
ancora lì – stava partendo per andare chissà dove a cercare il suo bambino di
dieci anni perso su un treno che era partito da Napoli verso Roma e che non si
era fermato a Minturno. Ma nel frattempo quel bambino era diventato un uomo. Da
allora ho visitato ben ventidue paesi in giro per il mondo e la mia passione
per l’incognito non si è ancora spenta. Sto partendo per il Giappone.
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