lunedì 30 dicembre 2013

Responsablità. che vuol dire?

Una volta si poteva dire, come faceva  il grande Totò, che “uno poi si butta a sinistra” quando si era testimoni di qualche scena di rituale sperpero del bene comune o di tipico abuso di poter da parte delle “autorità costituite” o di più semplice sopruso. Oggi forse non si può avere neanche questa soddisfazione. Chi potrebbe dire una cosa del genere con la coscienza di aver detto una cosa giusta e sensata. La sinistra è veramente immune da soprusi o inefficienze? Sarà che aveva forse proprio ragione lui, parlo sempre di Totò, che lo diceva per farsi e per farci fare una risata. Tutto per non piangere.
Vorrei proprio trovare questo motivo. Quello per non piangere. Ma mi risulta molto difficile. Non perché abbia bisogno di piangere, né mi va di farlo. E’ perché, a differenza del gran ciarlare che sento in giro, voglio parlare di RESPONSABILITA’ e ovviamente voglio farlo parlando di me stesso.
RESPONSABILITA’ è una parola di cui, credo, si sia perso il significato. Nessuno sa più cosa voglia dire oppure molti ne hanno fatta una traduzione personale (molto personale) per cui sembra che ci sia tanta gente che cerca responsabilità negli altri ma non si è mai posto il problema di capire quale è la propria.
Forse sarà la serata “storta” (ho appena cancellato dai miei amici di Facebook una persona di cui ho letto l’ennesimo post “attacca-politici” su cui si scaricano tutti i nostri guai: sembra quasi che sia una catarsi comune: se lo schifo è lì vuol dire che non sono io il problema). Forse ne sono stufo. Sicuramente ne sono disgustato. Per cui cerco di prendere il problema con un approccio diverso.
E visto che siamo praticamente a fine anno ci sta bene fare un resoconto di come quest’anno è passato.
E’ stato per molti aspetti un anno terribile. La società per cui lavoravo è stata messa in liquidazione e con uno di quei giochetti molto diffusi in questi ultimi anni, è praticamente “rinata” sotto altra veste in un vestito molto “più snello” . Il paragone si addice visto che nel “passaggio” sono state lasciate una ottantina di persone (ragazzi, ragazze, padri e madri di famiglie) a casa e anche quelli che sono passati nella “nuova” società hanno dovuto accettare condizioni capestro (io, ad esempio, non sono più un dirigente). Un solo pensiero a tanti cari amici che non sono più miei colleghi e con i quali ho condiviso progetti, paure, soddisfazioni e che sicuramente stanno vivendo situazioni molto più drammatiche della mia (vi penso).
Tante altre idee che pensavo di portare avanti hanno subito un drastico stop o, comunque, sono ancora lì che vagano nella mia testa senza che se ne possa vedere il modo di realizzarle.
Colpa degli altri? (dei capi? del governo? dei politici? dei qualunquisti? dei ladri? degli albanesi? delle banche? dell’Europa? della Merkel? o di chi altri?). Forse è colpa mia.
Oppure, diciamola meglio: si tratta di una mia RESPONSABILITA’.
Forse non c’ho creduto a sufficienza, forse mi sono un po’ lasciato andare, forse ho vissuto questo anno con estrema stanchezza, ma anche con rancore, che non mi ha permesso di esprimermi al meglio.
In un Paese dove normalmente quando le cose vanno male è sempre colpa di qualcun altro, mi sembra un bel passo avanti.
Ci sono validi motivi per affrontare il nuovo anno con altro spirito: riconoscendo i propri errori e dandosi da fare per fare in modo di non rifarli.
PS: leggo che quest’anno il Cancro avrà delle grosse soddisfazioni economiche. Peccato che io non creda agli oroscopi.

domenica 29 settembre 2013

Emiut: un mippino che ci prova

Sembra che le cose non capitino mai per caso. Io sono convinto che la vita proceda per suoi binari. Sta a noi fare in modo che questi binari si incrocino con le nostre strade. È proprio questo il caso.
Nel mio ultimo post "L'abito fa il monaco" mi è capitato di parlare di un amico, Emidio Cesetti, e del fatto che avendo letto il suo libro e ricevuto qualche consiglio pratico, ho cominciato ad interessarmi un po' di più al mio modo di vestirmi e di presentarsi agli altri.
Passano pochi giorni e ricevo notizie da parte di Emidio riguardanti il suo progetto. L'idea ha avuto degli sviluppi. Sta infatti lanciando in questi giorni un'applicazione (é più figo chiamarla app) che tratta di argomenti riguardanti lo stile nel vestire, anzi, per dirla con sue parole, è proprio un'applicazione sullo stile.
L'applicazione, che si chiama Emiut, vedrà la sua nascita proprio in questi giorni e mi da modo di parlare di un po' di cose.
La prima riguarda il modo innovativo di lancio.
Emidio infatti è, come spesso molti imprenditori di start-up, alla ricerca di fondi per lanciare sul mercato la sua idea.
Non avendo, immagino, qualche zio facoltoso a cui chiedere i soldi che, come dicono anche tanti Venture Capitalist, resta il miglior modo per cercare i fondi necessari a mettere in pratica i propri sogni imprenditoriali (parlo ovviamente dei casi cui non si stia parlando di milioni di Euro), lui ha scelto di affidarsi ad una piattaforma americana (Kickstarter) per pubblicizzare il suo progetto e offrire l'opportunità, a chi ha intenzione di dargli una mano, di potergli assicurare un contributo economico in cambio di pubblicità che Emiut offrirà all'interno della sua applicazione (si tratta ovviamente di un'applicazione web based).
Si tratta, già volendo prendere in considerazione solo questo aspetto, di qualcosa di innovativo. Non vi pare? (applausi ad Emidio).
Oltre a questo stiamo parlando di un progetto abbastanza ambizioso. Un'applicazione che si interessa di stile e che si propone di dare consigli pratici su come vestirsi con stile con tante funzioni e argomenti. Si parlerà anche di stile sportivo e casual giusto per non parlare sempre di cravatte, gemelli e Derby o Brogue ai piedi (altro applauso). Qualcosa quindi di moderno visto che si parla di web, di tecnologia e anche di social (il tormentone del momento) essendo Emiut dotata di una funzione gratuita che permetterà di inviare domande sullo stile con immagini allegate gratuitamente direttamente dal nostro cellulare e avendo la possibilità di ottenere consigli direttamente da Emidio.
Viene proprio la voglia di dargli una mano per far si che questo progetto, sviluppato in collaborazione con un'importante agenzia di applicazioni di Londra e che quindi richiede dei costi relativamente alti, possa vedere la sua nascita. Si parla di stile italiano nel mondo e anche questo un po' di orgoglio dovrebbe darcelo.
Se a questo aggiungiamo che Emidio è un mippino (standing ovation - anche se solo mia) qualche sterlina su Kickstarter forse possiamo anche pensare di mettercela.
Chissà che non ci si ritrovi a finanziare un idea che spopolerà sull'Apple store.
In questo caso basta scrivere "Ti aiuterò" alla email  hello@emiut.com o sulla pagina facebook Emiut e si riceveranno i dettagli del progetto che sarà tra poco pubblicato su www.kickstater.com e tutti i benefici che sono offerti pubblicamente ed attraverso l'applicazione Emiut.
In ogni caso almeno un Like sulla pagina ufficiale Facebook (https://www.facebook.com/emiut) e condividerla sul nostro profilo potremmo farlo senza grosso sforzo (oggi come oggi un Like non si nega a nessuno).
Dai Emidio.
Faccio il tifo per te.

lunedì 9 settembre 2013

L'abito fa il monaco

Forse riconoscerete il Mahatma Gandhi in questa foto che lo ritrae quando viveva in Sud Africa ed esercitava il suo ruolo di avvocato.
Forse no, perché Gandhi siamo abituati a vederlo in  altro modo.
E non ci immagineremmo mai di accompagnare un testo che parla dell'opera svolta dalla "grande anima", riferimento di un'intera nazione e soprattutto della lotta da questa sostenuta nei confronti del Regno Unito per ottenere la propria indipendenza, con una foto che lo ritrae in abiti occidentali.
Gandhi è famoso per la lotta non violenta contro ogni discriminazione e razzismo nei confronti della popolazione indiana e di questa battaglia ne è diventato un simbolo.
E' proprio il simbolo Gandhi che quindi viene rappresentato nella nostra immaginazione come quell'uomo vestito in khadi e non certamente come un elegante signorotto in giacca scura e gilet.
Vedere Gandhi in abiti europei ne fa perdere tutto il carisma e addirittura farebbe apparire innaturale ogni sua richiesta di eguaglianza e libertà.
Insomma Gandhi è il signore esile ed emaciato che deve essere vestito con il suo dhoti bianco per poter rappresentare tutte le idee rivoluzionarie e innovative per cui ha combattuto durante tutta la sua vita. Non esiste un Gandhi in cravatta nella nostra mente e un'immagine che non lo rappresenti in quel modo farebbe perdere l'efficacia di qualsiasi discorso gli si sentisse pronunciare.
Insomma: l'abito è un elemento fondamentale di una personalità. Vestire in un certo modo significa presentarsi in un certo modo e voler trasmettere agli altri un certo modo di essere.
Un abito costituisce il proprio biglietto da visita prima che questo venga estratto dalla propria tasca. Molto spesso da come una persona si veste traiamo molte considerazioni che risultano fondamentali nell'instaurare un rapporto di conoscenza.
Ho sempre voluto presentarmi nel miglior modo possibile e quindi ho sempre tenuto in gran conto il vestito che portavo addosso. Questo non significa che sono sempre vestito "bene". Mi piace vedere un bell'abito, ma non è detto che io riesca ad essere sempre come un modello ad una sfilata. A parte poi, che non è detto che tutti i modelli di sfilate siano sempre risultati "belli" ai miei occhi. Il mio discorso però vuole essere un po' più generale e quindi non mi addentro in discussioni che riguardano la moda che non è quello di cui voglio parlare.
Voglio parlare di stile.... che è un'altra cosa.
A tal riguardo dico che, per me, abito significa "ciò che porto addosso" e non necessariamente un pantalone con giacca, camicia e cravatta. Per me abito è anche un pantalone ed una T-shirt.
L'importante è saper scegliere con stile e soprattutto indossarla con stile.
Esistono dei concetti di base che conviene conoscere e non saperli può causare delle situazioni imbarazzanti.
Ricordo che tempo fa sono stato a cena dopo una riunione di Alumni del MIP con Emidio Cesetti e abbiamo cominciato a parlare di vestiti e vestiario. Emidio è quello che io considero "un uomo di stile" e se vi capita di farci due chiacchiere ve ne potrete rendere conto.
Io credevo di essere, se non un esempio di eleganza, almeno una persona che si vestiva in modo decente ma dopo quell'incontro ho dovuto rivedere -e di molto - le mie considerazioni. Alcuni dettagli infatti, abilmente rilevati con molta educazione da Emidio, mi facevano apparire non proprio conforme ai dettami dello stile. Non parlo certo di calzino corto o cravatta a righe su camicia a righe (quello lo sapevo già), ma la camicia con tanto di taschino sul petto o la cintura marrone su un abito blu non erano proprio il massimo.
Ho capito quindi che qualche ripasso andava fatto e ho letto con molto piacere il libro (L'eleganza non ha tempo) regalatomi da Emidio che lui aveva scritto proprio per dare qualche "dritta" importante a chi vuole un consiglio su come comporre il proprio guardaroba. Vale ovviamente il solito detto: molto meglio pochi capi ma almeno di stile.
Per quello che si vede in giro una ripassata su questa tematica sarebbe opportuna per molte persone soprattutto perché, in base a quanto dicevo prima, il modo in cui ci presentiamo agli altri è fondamentale per far capire chi siamo. Non c'è storia.
E inoltre bisogna ricordarsi che non c'è mai una seconda opportunità per fare una buona prima impressione.
Proprio per questo devo quindi dirvi che il mio studio ha avuto anche altri sviluppi e ultimamente ho avuto modo di leggere (e di studiare) i consigli dati da Bernhard Roetzel nel suo libro L'uomo. Guida allo stile.
Si tratta di una guida che tocca tutti i punti relativi all'abbigliamento maschile e anche qui le cose che se ne ricavano (per chi è interessato a questo argomento) sono senz'altro utili.
Insomma: buona lettura.

giovedì 29 agosto 2013

Elevator Pitch

Ti trovi all’aeroporto e vedi seduto ad aspettare l’apertura del volo Elserino Piol, venture capitalist e finanziatore di tante startup innovative. Hai in testa il tuo progetto al quale stai pensando da diversi mesi.
Forse Piol potrebbe darti qualche consiglio utile oppure addirittura essere interessato alla cosa. Sei pronto a raccontargli in pochi secondi la cosa a cui stai pensando senza infastidirlo ma, al contrario, generando quella giusta curiosità che ti permetterà eventualmente di parlarne in qualche altro posto avendo a disposizione più tempo?
Lo stesso potrebbe capitare se il gran capo della tua azienda sta aspettando un taxi sul portone d’ingresso e tu hai l’opportunità di farti conoscere perché volevi parlargli di un’idea innovativa che potrebbe essere applicata a quella particolare funzione, ma non hai mai avuto l’opportunità di farti notare per raccontargliela.
Certo non capita tutti i giorni un’occasione del genere per cui, anche se remota, potrebbe valer la pena essere pronti all’evenienza.Vi assicuro che non è semplice presentare un’idea in meno di un minuto a una persona che non ti conosce e che, tra l’altro, non ha messo in conto di dover sentirsi raccontare una nuova proposta.Si chiama Elevator pitch ed è la tecnica per sostenere un discorso di presentazione completo, degno di generare interesse e soprattutto sintetico.L'Elevator pitch è infatti il discorso che una persona farebbe ad un investitore se si trovasse per caso con lui in ascensore. Si deve quindi descrivere sé e la propria attività sinteticamente, chiaramente ed efficacemente per convincere l'investitore ad investire su di lui, ma nei limiti di tempo imposti dalla corsa dell'ascensore.
Un po’ di tempo fa mi è capitato di partecipare alla presentazione di un corso tenuto dalla professoressa Raffaella Bossi Fornarini di Passport (http://www.passportonline.eu) dove si era introdotti a questi discorsi e in chiusura dell’incontro si fece qualche esempio coinvolgendo i presenti. Mi sono proposto per una verifica e ne sono uscito abbastanza sconfortato. Non è una cosa semplice.Ho imparato però alcune cose.In pratica bisognerebbe seguire questo schema:
·         Iniziare agganciando l’interlocutore con un argomento che possa generare la sua attenzione (a volte anche il solo riferimento a qualche cosa che l’interlocutore a fatto negli ultimi tempi può essere produttivo)
·         Comprendere cosa è importante per "lui" e costruire su questo un discorso coinvolgente.  In pratica presentarsi con un “… le dico di cosa mi occupo …” non porta da nessuna parte. L’importante è far subito capire all’interlocutore quale potrebbe essere il SUO vantaggio nell’ascoltare quello che si ha da dire, perché solo questo può dare qualche chance di essere ascoltati
·         Parlare con un linguaggio comprensibile
·         Non minimizzare sulle proprie capacità
·         Dimostrare la propria passione ed energia
·         Parlare con il cuore (essere se stessi)
Come dicevo non è una cosa semplice e vale la pena di organizzarsi per tempo.
Provateci. Vai mai a sapere. Doveste trovare mai un Elserino Piol sulla vostra strada….

lunedì 26 agosto 2013

La user experience al ristorante

Diversi anni fa (era il 2010) ho organizzato presso il MIP, la Business School del Politecnico di Milano, un evento in cui ho avuto la fortuna di coinvolgere lo chef Davide Oldani.
Durante la sessione Domande e Risposte (d’obbligo per un evento del genere) venne chiesto allo chef quanto valesse l’ <<experience>> dell’ospite nei confronti della bontà dei piatti assaggiati. In pratica gli alunni MBA del MIP volevano capire se le cose che venivano insegnate in quella scuola - dove tanti docenti di marketing già declamavano la “user experience” come uno dei parametri importanti nella gestione delle aziende di successo - avessero poi un riscontro nella realtà. Forse gli insegnamenti erano un po’ avanti (oppure semplicemente il termine inglese non era ancora entrato nel gergo) e Davide (persona di cui mi vanto di essere amico) fece convergere la discussione sulla sua esperienza di chef e ci parlò delle attività (tante) che aveva svolto in giro per il mondo per poter poi acquisire la sua esperienza (quella che noi italiani intendiamo per conoscenza appresa negli anni). Erano altri tempi.
Oggi siamo in una nuova era.
Facebook imperversa e non puoi farci proprio nulla, baby!
Cosa voglio dire?
Andare a ristorante è diventata un’esperienza totale (ma non lo è sempre stata?). Oltre al gusto e all’olfatto bisogna tener conto anche della vista proprio perché quella esperienza risulti maggiormente coinvolgente. I piatti quindi devono essere anche belli. Bene: se a questo aggiungi la facilità di ottenere delle foto, la voglia di far sapere a tutti i fatti propri, il gioco è fatto. La tentazione è a portata di mano, anzi di telefono.
Insomma è una moda e come tutte le mode prima o poi finirà ma per il momento non possiamo farci nulla. Guai “vietarla”. Farà apparire la cosa ancora più esclusiva e quindi maggiormente “di moda”.
Devo dire che comunque a me non dispiace. Quando devo scegliere un ristorante, cerco sempre sul web le foto dei piatti che questo offre e se trovo solo foto di piatti vuoti e sedie o quadri, un po’ mi insospettisco.
Unico accorgimento: imparate a fare delle belle foto. La maggior parte di quelle pubblicate sono bruttissime. Ecco in questo gli chef hanno ragione: se dovete farlo, fatelo bene!

Questo commento è stato pubblicato sul sito www.dissapori.it al post "Gli chef sono in rivolta contro i piatti del web e io non ho niente da mettermi"
http://www.dissapore.com/grande-notizia/chef-in-rivolta-contro-i-piatti-del-web/

giovedì 16 maggio 2013

Intervista a Massimiliano Tedeschi Amminstratore Delegato di Lexmark Italia


Intervistatore per un giorno.
Alumni Polimi mi ha offerto l'occasione di essere per un giorno un giornalista.
Questo  il video registrato presso la sede di Lexmark Italia a Milano dove ho avuto il piacere di intervistare l'Amministratore Delegato Massimiliano Tedeschi.
E' stata un'esperienza interessante.
Grazie Massimiliano.
Grazie Alumni Polimi.

martedì 7 maggio 2013

La mia campagna #KeepMSCalive

Son tempi brutti questi e forse parlare della vita di un Sailing Club non rientra nelle priorità di ognuno di noi.
Ciò nonostante ho lanciato una campagna di sostegno per la sopravvivenza del MIP Sailing Club. Non si tratta solo di una attività ludica. Io ci vedo qualcosa in più.
E' l'occasione per molti di fare conoscenze e stringere amicizie con MBA di altre scuole importanti. Un'occasione di portare in giro per il mondo il nome del MIP. Serve a chi ne prende parte ma secondo me serve anche al MIP.
Forse però sono l'unico a crederci.

Vediamo cosa ne esce fuori.

Questa la mail che ho mandato a tutti gli iscritti alla mailing list del MIP Sailing Club.
Succederà qualcosa?

sabato 9 febbraio 2013

We dit it !!!!

Ho intitolato così l'ultima mail che ho spedito a Florence Noiville l'altro giorno.
La mail costituiva la chiusura di una corrispondenza durata quasi un anno.
Il 31 marzo del 2012 dopo aver letto il libro di Florence "Ho studiato economia e me ne pento" avevo spedito un messaggio tramite il sito www.noiville.com all'autrice del libro chiedendole se fosse stata disponibile a venire a Milano (Florence è una giornalista di Le Monde e vive a Parigi) per discutere del suo libro con il Presidente del MIP e con gli Alumni di quella scuola. La risposta mi è arrivata praticamente subito e da lì è partita l'organizzazione dell'evento che è durata diversi mesi. Contrattempi, cambi di date, fraintendimenti (con il mio inglese poi...... i fraintendimenti erano abbastanza facili) siamo arrivati al 7 Febbraio. Giovedì scorso infatti grazie anche alla splendida collaborazione da parte di Edison, che ci ha messo a disposizione la splendida Sala degli Azionisti in Foro Buonaparte,  siamo arrivati ad avere centoventi persone presenti alla serata dedicata al dibattito a cui hanno preso parte Florence, il Presidente del MIP Prof. Gianluca Spina e l'Amministratore Delegato di Edison Energia, anche lui con un MBA preso all'INSEAD di Fontainbleau. Niente male per un evento che quindici giorni prima di tenersi contava "appena" una trentina di presenze. Devo farmi i compimenti: ho organizzato una ricerca “porta a porta” per far si che alla fine gli iscritti superassero i centoquaranta. Nel suo piccolo, un vero e proprio successo. Son contento di esserci riuscito.
Florence Noiville
Ora mi godo le mail dei miei amici mippini che mi ringraziano per quanto organizzato e soprattutto mi fanno i complimenti per aver avuto il "coraggio" di porre un tema del genere. Florence nel suo libro infatti fa una spietata critica all'insegnamento delle Business School dove si insegna solo come raggiungere profitti di breve periodo senza avere una visione più "sociale" (vale a dire più nell'ottica del bene della collettività). Insegnamenti quindi che spronano l'egoismo individuale piuttosto che allenare le menti alla realizzazione di progetti etici. Un bel tema quindi che valeva la pena di porre. Sono tante le persone che mi hanno scritto di essere stati "toccati" dagli argomenti posti da Florence e di questo ne sono contento. Volevo questo ed è accaduto. Certo non mi illudo di aver "illuminato le menti" ma posso dire di aver raggiunto il mio risultato. Mi rimane anche l'amicizia di una bellissima signora che ho conosciuto e che spero possa riservarmi il piacere di incontrarla nella sua magnifica città.

Ad oggi ho una promessa.. Ho chiesto di autografarmi il badge dell'evento e Florence gentilmente mi ha scritto: "Pour le formidable Paolo ....... A bientot dans un restaurant parisien! Florence". Sono felice.

Au revoir Florence.